giovedì 14 giugno 2012

E' arrivato il momento di chiederci come si produce quello che mangiamo




Come si produce, coltiva e alleva quello che mangiamo? Qual'è l'impatto ambientale dell'agricoltura moderna? 
Gli eccessi produttivi, gli sprechi, il lavoro nero... tutto il NERO dell'agricoltura in un libro. 


Un agronomo svela magagne, sprechi e storture di come si produce quello che mangiamo. 


Se siete nei dintorni, potete scoprirlo alla presentazione del libro-inchiesta: Il libro nero dell'agricoltura di Davide Ciccarese che si tiene oggi alle 18.30 nella Corte Nord di Cascina Cuccagna. 




All'incontro interverranno l'autore e Andrea Di Stefano, Presidente del Consiglio Direttivo di Consorzio Cantiere Cuccagna, direttore del mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità, Valori. 


Oggi l'agricoltura si è trasformata in un processo produttivo senza precedenti, una catena di montaggio slegata dall'ambiente che la circonda


Ortaggi fuori stagione percorrono migliaia di chilometri prima di arrivare sulle nostre tavole, sementi ibride e OGM si diffondono a danno delle varietà locali, i terreni sono esausti e le falde acquifere sono sempre più contaminate da concimi chimici e pesticidi, tutti veleni che finiscono nei nostri piatti


Anche gli allevamenti si sono trasformati in fabbriche, in cui gli animali vivono ammassati. 


Il sogno di sconfiggere la fame nel mondo grazie all'agricoltura intensiva si è infranto contro la diffusione di malattie come il Morbo della mucca pazza o l'influenza aviaria ed eventi come la progressiva scomparsa delle api rischiano di avere effetti catastrofici sull'equilibrio del pianeta


La minaccia è globale: l'agricoltura deve essere ripensata per soddisfare i bisogni di una popolazione mondiale in costante crescita e diventare allo stesso tempo uno strumento di riscatto sociale ed economico, nel rispetto  dell'ambiente. 


Ci sarà bisogno di nuove parole dal sapore antico: prossimità, stagionalità, sovranità e sicurezza alimentari. Ma, soprattutto, l'uomo dovrà imparare a comportarsi da ospite e custode del pianeta. 


martedì 12 giugno 2012

Ma le fibre naturali possono davvero considerarsi eco?

La sostenibilità sta assumendo sempre più importanza anche nell'ambito della moda.

In assoluto, per valutare il reale grado di sostenibilità di un prodotto, si dovrebbe considerare il suo intero ciclo di vita.
Nel caso dei capi di abbigliamento, oltre al consumo del terreno coltivo, di acqua, di energia dovremmo tener conto anche dell'impatto ambientale degli animali da tosa e dei bachi da seta (per non parlare degli allevamenti, intensivi e non, nel caso della pelle).
Non vanno quindi sottovalutate le condizioni di produzione delle materie prime che, di fatto, influenzano moltissimo il grado di sostenibilità del prodotto finale e alle quali dovremmo pensare ogni volta che stiamo per acquistare un vestito o un accessorio.

Ad esempio pensiamo al cotone, la più diffusa tra le fibre naturali. La sua coltivazione richiede l'utilizzo di vastissime aree di terreno oltre che un elevatissimo impiego d'acqua.
Secondo recenti stime, la produzione di 1 kg di abbigliamento di cotone richiede l'utilizzo di 9,4 metri cubi di acqua con punte intorno ai 20 metri cubi se la coltivazione avviene in paesi come l'India. Inoltre, per coltivarlo, viene fatto largo uso di pesticidi e fertilizzanti con gravi conseguenze sia sull'ambiente sia sulla salute delle persone che lavorano nei campi.
Se decidiamo di vestirci in cotone, dovremmo almeno fare lo sforzo di scegliere capi certificati bio: ad esempio la certificazione internazionale GOTS (Global Organic Textile Standard)  definisce uno standard per la lavorazione delle fibre biologiche, includendo criteri ambientali e sociali lungo tutta la filiera produttiva.

Nel caso di produzione della lana, i principali fattori di impatto ambientale sono le conseguenze degli allevamenti sui terreni e gli scarti generati dalle prime fasi di lavorazione. Ad esempio, i reflui delle operazioni di lavaggio della lana contengono sostanze inquinanti, a cui si vanno ad aggiungere le sostanze chimiche utilizzate nelle varie fasi di lavorazione che vanno dai lavaggi (detergenti, tensioattivi, ammorbidenti, candeggianti etc) alla filatura, dalla tessitura ai trattamenti tintoriali e di fissaggio. Inoltre i mercati di produzione della lana sono sostanzialmente tre (Australia, Nuova Zelanda e Cina): pensate a quante CO2 vengono emesse per farla arrivare ai mercati di impiego!

Interessanti, invece, fibre di origine vegetale quali la canapa, l'ortica, il bambù che sono di facile coltivazione e adatte a qualificare terreni non sfruttabili per altre coltivazioni e che stanno iniziando ad essere utilizzate con successo nell'ambito dell'abbigliamento.  La coltivazione di queste  piante necessita di un uso minimo di diserbanti e fitofarmaci e la possibilità di produrle a livello locale riduce l’impatto ambientale derivante dal trasporto.

Alla luce di questi dati e considerazioni, di che fibra sarà il tuo prossimo vestito?

Fonte: Il Bello e il Buono. Le ragioni della moda sostenibile www.ilbelloeilbuono.info
Per approfondimenti:
http://www.global-standard.org/
http://www.hemp.com/







lunedì 4 giugno 2012

I detersivi: li conosciamo davvero e soprattutto sappiamo cosa contengono?

Si avvicinano le vacanze estive ed è piacevole iniziare a pensare alle spiagge, al mare, ai bagni che faremo ......

E' naturale chiederci se l'acqua in cui nuoteremo sarà davvero pulita ed è inevitabile pensare ai pericoli causati dall'inquinamento di cui riteniamo per lo più responsabili le aziende, dalle più piccole alle più strutturate come le multinazionali.

Ma siamo sicuri che la salute dei nostri mari dipenda solo da queste ultime?
Noi stiamo facendo la nostra parte per preservare i nostri mari? 

Mozziconi di sigarette a parte e comportamenti  "virtuosi" da tenere direttamente in loco per avere un'impronta più leggera possibile, abbiamo mai riflettuto sul fatto che possiamo contribuire al benessere delle acque da casa anche e soprattutto durante tutto l'anno?

Tutto questo semplicemente facendo attenzione ai detersivi che utilizziamo.

Molti di noi sono attenti alla "chimica" presente negli alimenti, cioè a conservanti e additivi nei prodotti alimentari, ma ancora troppe poche persone si preoccupano dei composti chimici contenuti nei detergenti per la casa e per l'igiene personale.


Anche se la storia degli  ultimi anni vede leggi più stringenti per i produttori,  modifiche nella composizione dei detersivi tradizionali al fine di renderli meno inquinanti, sviluppo di produzioni di detersivi e detergenti ecologici e sviluppo di depuratori delle acqua reflue, molti problemi e interrogativi persistono.
Problemi e interrogativi,  indotti anche da un enorme utilizzo dei detersivi,  relativamente alla biodegradabilità, all'aggressività sulla pelle, alla capacità dei depuratori  di effettuare un blocco dei componenti dei detersivi dannosi all'ambiente.


Ad esempio alcuni possono contenere alcuni composti chimici che non riescono a degradarsi.
Se presenti in grande concentrazione possono passare, nonostante le barriere inserite come i depuratori, in ambienti naturali specie nei mari, risultando dannosi per per gli equilibri degli ecosistemi e per la salute umana.


In Italia ogni anno 1 milione e mezzo di tonnellate di sostanze di sintesi in parte derivati dal petrolio, sono utilizzate per la pulizia  e oltre 25,5 kg chilogrammi di prodotti per la pulizia della casa, per persona, entrano nelle nostre case e poi finiscono nelle acque di scarico



Essere attivi e scegliere può voler dire anche decidere quali detersivi scegliere orientando le proprie scelte verso prodotti ecologici e, perché no, fai da te.


Ci sono corsi per imparare ad auto produrli, come ad esempio quello che si terrà a L’università del Saper Fare del circolo per la Decrescita Felice di Torino.
Il corso, tenuto da  Marta Dominimo, si terrà sabato 9 Giugno dalle 10 alle 12.30 c/o Imbarchino- Viale Cagni , 37. 
Si imparerà in modo pratico come auto produrre alcuni prodotti per la pulizia della casa, in modo semplice, con ingredienti naturali, economici ed assolutamente ecologici.
La quota di partecipazione è a  offerta libera mentre è necessaria l'iscrizione:  http://www.mdftorino.it/?p=1388
Ma ci sono anche libri e siti che ci possono guidare ed aiutare, solo per citarne alcuni:
- Ecomanuale di casa di Ornella Navello - Edizion Cosmopolis
E' facile e basta solo un po' di buona volontà e passione. 
E, allora, cosa aspetti a prender parte attivamente all'eco-cambiamento?